Locomotive a vapore

L’unica locomotiva a vapore che ho guidato è stata la 740; nonostante questo ho voluto dedicare una sezione del sito anche ad altre locomotive a vapore, sia per l’interesse storico che per piacere personale.

Sulle nostre ferrovie si avvicendarono diversi tipi di locomotive a vapore, ciascuna con proprie caratteristiche: per treni veloci, per treni pesanti, per treni viaggiatori o merci, che corressero in pianura o si arrampicassero in montagna.
Le macchine più potenti sono state quelle del gruppo 691 per il servizio viaggiatori e del gruppo 480 per i treni merci pesanti su linee accidentate.

Locomotiva 740-177 al traino di un merci, anno 1964 (foto tratta dal libro “Treni di Lombardia cinquant’anni fa nelle foto di Cesare Giorgi”, ed. CIFI sez. Milano)

Locomotiva a vapore 480-017 al Museo di Pietrarsa, anno 2010 (foto F. Pinton)

Locomotiva 691-022 nel Deposito Locomotive di Greco

Per macchinisti e fochisti la locomotiva era un essere vivente, che aveva dell’umano, alla quale ci si affezionava come ad una persona cara a cui si prodiga ogni cura.

“TRE INDIVISIBILI COMPAGNI”
Macchinista e fochista dovevano formare una coppia fraterna, la quale per anni e anni facesse vita comune sulla piattaforma della locomotiva, dividendo soddisfazioni e dolori.
Ogni locomotiva 691 era assegnata ad un macchista e a un fochista, i quali la conducevano essi soltando, per lunghi periodi, anche di anni: i due uomini e la locomotiva costituivano un terzetto indivisibile, come una famiglia; e questo, a vantaggio dello stesso servizio.
Il personale si affezionava alla propria macchina, vi dedicava ogni attenzione perché era la “sua” macchina, qualcosa di caro. Doveva regnare sempre la buona armonia: al sorgere di uno screzio, macchinista e fochista si separavano.
Macchina e uomini facevano gli stessi turni, che erano di sei-sette giorni di lavoro alternati a uno di vacanza. Un treno dopo l’altro; negli intervalli gli uomini riposavano a casa, oppure nel dormitorio del deposito, la locomotiva riposava sui binari dello stesso deposito, col focolare acceso. Riprendevano poi insieme il lavoro per una nuova corsa. La vacanza settimanale era stabilita in coincidenza col giorno in cui la locomotiva sostava nel deposito per il lavaggio. Ogni sette giorni si spegneva il focolare e gli operai del deposito, con getti di acqua calda, toglievano dalle pareti interne della caldaia tubolare ogni sedimento di calcio, allo scopo di impedire il formarsi di incrostazioni dannose. Questa operazione si chiamava la “purga” settimanale della locomotiva.

Manutenzione alla locomotiva nel Deposito Locomotive di Milano Greco, effettuata dal macchinista Tessitore (foto G. Cappelli)

A FOCOLARE SPENTO

Il terzetto si scioglieva soltanto allorché la macchina entrava in officina per le grandi riparazioni. Allora i suoi uomini ne approfittano per fare le ferie, oppure, se il periodo di assenza della “691” si protraeva a lungo, ne prendevano un’altra che rimaneva “loro” per mesi e anni, nuova, anch’essa preziosissima amica.
Allorché il macchinista è malato, la sua locomotiva non veniva, di regola, assegnata ad altri, ma veniva lasciata a riposo fino al ritorno del macchinista titolare. Qualora fosse stato necessario usare la stessa macchina, prima di affidarla ad altri, se ne avvertiva il titolare per un doveroso riguardo. Quando un uomo di macchina moriva, per un giorno la sua locomotiva veniva lasciata ferma nel deposito, col focolare spento, e con un mazzo di fiori al posto occupato dal ferroviere.