Emanuele Minardo è un professore, scrittore ed amico.
Agli storici e agli appassionati del mondo ferroviario ibleo desidero presentare una fonte qualificata di informazioni e documenti che costituiscono una summa di quanto un figlio degli Iblei sia riuscito a fare della propria vita, della propria preparazione tecnica e delle proprie emozioni alla guida lungo le rotaie infinite della propria esperienza.
Mi riferisco al macchinista Bartolomeo Fiorilla ed al suo sito http://www.unferrovieremacchinista.it/ –
“Sono figlio di una casalinga e di un ferroviere, l’ultimo dei sei figli, nato a Ragusa nel 1951. Ho trascorso la mia infanzia e parte della mia giovinezza con i miei genitori e fratelli, nel casello ferroviario numero 350, sito in aperta campagna a ridosso della linea ferroviaria Modica-Siracusa, tra le stazioni Pozzallo–Sampieri”.
Così Fiorilla apre il suo ricchissimo sito web e chiarisce subito al lettore il suo percorso: “…dalla locomotiva a vapore al tgv”, un lavoro che con mirabile precisione regala emozioni di vita vissuta che sono proprie del mondo del personale di macchina presentato, per l’appunto, con afflato e preparazione d’animo meridionali.
Partito dagli Iblei è approdato a Milano Smistamento, e là è rimasto con tutto il suo bagaglio che non ha mai smesso di disfare del tutto. E là è stato attento testimone di un passaggio evolutivo di tecnica ferroviaria che va dagli anni ‘70 al primo decennio del secolo attuale: una trasformazione della locomozione FS che porta tutta sulle sue spalle vivendola in prima persona.
“Dalla locomotiva a vapore al TGV (treni ad alta velocità) non è solo il percorso fatto dalla tecnica e dal progresso, ma sottolinea la mia esperienza di lavoro che mi ha visto alla guida di circa 50 tipi diversi di mezzi di trazione, fra locomotive elettriche, elettromotrici ed elettrotreni”.
Il sito è “un’antologia illustrata” che interseca, sui binari, storia professionale e storia personale.
Dedicato al padre, guardiano dei passaggi a livello con la qualifica di ‘Assuntore-ruotante’: “Negli anni 50-60, quando era in servizio, i turni erano massacranti: mancava da casa in media oltre 12 ore. Quando tornava a casa era visibilmente stanco, ma sempre molto affettuoso e sereno”.
Parte da questa dedica Fiorilla e scorre sui binari del tempo con quelle trasformazioni delle quali lui è stato il traduttore e “gli occhi”. Riscattare ed amare di più il lavoro e la figura del padre e farlo giungere là dove lui non poteva arrivare, una continuazione di volontà, esperienza, rassegnazione del destino, giustificazione e riscatto di un forte amore paterno e filiale.
“I macchinisti sono gli occhi della ferrovia”, ci diceva papà Gaspare nei locali del Dopolavoro ferroviario di Modica parlando del mondo ferroviario a noi ragazzi in occasione della Befana in uno degli anni sessanta. E questo mondo palpita anche tra le pagine virtuali dell’opera di Fiorilla.
Immagini, luoghi, considerazioni, richiami ad altre strutture FS, un compendio di mezzi di locomozione (a vapore, locomotive elettriche, elettromotrici, elettrotreni, TGV), un’ampia collaborazione con la odierna Fondazione FS.
Il suo ultimo treno è stato il Cisalpino 470, treno 52 da Trieste centrale a Milano centrale.
“Durante il viaggio di ritorno la mia mente veniva affollata da tanti ricordi…No, non potrà mai avvenire che ti dimentichi chi sei stato. …La divisa è come se l’hanno cucita addosso e quando tenti di dismetterla non riesci più a farlo; rischi che brandelli di te ve ne rimangano attaccati. E allora te la tieni addosso per sempre!”
Sono parole e considerazioni finali intensamente ardenti nel cuore del personale di macchina tutto che, azionato il freno e chiuso il regolatore (simbolo e immagine delle locomotive a vapore), si prepara a scendere definitivamente e amaramente dalla propria macchina.
Fiorilla ama tornare, ogni anno, a Modica, a Pozzallo, e perdersi fra i sentieri della storia di Sicilia.
Emanuele Minardo